Da: Carmine Paul Alexander Tedesco - Avvocato
Un istituto di credito non adempie completamente a un’ordinanza cautelare che imponeva il ripristino dell’operatività di un conto. Il Tribunale, in fase di attuazione, chiarisce che la banca è responsabile anche per il rifiuto delle sue banche sub-depositarie e, data la difficoltà nell’esecuzione misura cautelare, impone una penale giornaliera (astreinte) per ogni giorno di ritardo, ordinando la liquidazione e il trasferimento dei fondi.
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La Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che dichiarava la liquidazione giudiziale di una società e l’inammissibilità della sua proposta di concordato preventivo. La decisione si fonda su molteplici e gravi carenze della proposta, tra cui l’assenza di relazioni obbligatorie, una attestazione professionale viziata da nullità assoluta perché redatta da un professionista non qualificato, e la mancata corretta valutazione dell’attivo e del passivo. La Corte ha rigettato il reclamo della società, sottolineando l’importanza del rispetto rigoroso dei requisiti formali e sostanziali per l’accesso alle procedure concorsuali.
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Il Tribunale di Firenze analizza un caso di composizione negoziata della crisi per un gruppo societario. Nonostante la grave situazione finanziaria, il giudice conferma le misure protettive e concede misure cautelari per salvaguardare la continuità aziendale e favorire le trattative con i creditori. La decisione si fonda sulla sussistenza di una ragionevole prospettiva di risanamento (fumus boni iuris) e sul rischio che azioni esecutive individuali possano compromettere l’esito della procedura (periculum in mora).
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Una società, proprietaria di un immobile, ha contestato una clausola del regolamento condominiale che le vietava di tenere aperte le finestre sul cortile. Il Tribunale di Milano ha stabilito che, sebbene la clausola fosse valida in linea di principio, non era opponibile alla società. La motivazione risiede nel fatto che una limitazione così significativa, qualificabile come servitù, per essere efficace nei confronti di un nuovo acquirente deve essere o trascritta nei registri immobiliari o specificamente accettata nell’atto di acquisto. Una generica accettazione del regolamento non è sufficiente. Di conseguenza, il condominio è stato condannato al pagamento delle spese legali.
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Un acquirente cita in giudizio il venditore per gravi difetti (infiltrazioni) scoperti dopo l’acquisto di un immobile. Il Tribunale respinge la domanda perché la denuncia vizi immobile è stata inviata oltre il termine di 8 giorni dalla scoperta, come previsto dalla legge. La sentenza sottolinea che l’onere di provare la tempestività della comunicazione ricade sull’acquirente e una raccomandata non consegnata non ha valore. Di conseguenza, l’acquirente perde il diritto a qualsiasi risarcimento o riduzione del prezzo a causa della decadenza.
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